giovedì 9 novembre 2017

SABATO 11 NOVEMBRE 2017 vi facciamo a polpette



Era ora! 
Finalmente riapre la stagione autunnale del circolo arci LN, vi accoglieremo con una velata minaccia...
Niente da invidiare alla ricetta segreta de La vedova, e nemmeno a quella macabramente nota di Biasio luganegher.
Ma lo giuriamo, non sarà una polpetta avvelenata!

Vi aspettiamo con i vostri preziosi suggerimenti per la programmazione 2017-2018, tra un bicchiere una boccetta ed un saltimbocca (di tofu vegan 😟).


Il termine polpetta compare per la prima volta nella seconda metà del 1400 nel Libro de Arte Coquinaria di Maestro Martino,  all’epoca cuoco del Camerlengo Patriarca di Aquileia.
Ed ecco come il maestro le racconta:
«Per fare polpette di carne de vitello o de altra bona carne in prima togli de la carne magra de la cossa et tagliala in fette longhe et sottili et battile bene sopra un tagliero o tavola con la costa del coltello, et togli sale et finocchio pesto et ponilo sopra la ditta fetta di carne. Dapoi togli de petrosimolo, maiorana et de bon lardo et batti queste cose insieme con un poche de bone spetie, et distendile bene queste cose in la dicta fetta. Dapoi involtela inseme et polla nel speto accocere. Ma non la lassare troppo seccar al focho».
Sembrerebbero più involtini che polpette come le conosciamo oggi, ma il termine era nero su bianco.
Ma qual'è l'origine etimologica della parola polpetta?
Un’ipotesi è che derivi dal francese paupière, in quanto la sua preparazione ricorda le palpebre che si abbassano e si chiudono a proteggere al loro interno l’intingolo (gli occhi). La denominazione polpetta nel corso dei secoli ha indicato svariate preparazioni gastronomiche, tutte riferite alla preparazione di polpa di carne. Per questo motivo l’ipotesi più avvalorata è che derivi da polpa (piccola polpa), perché in origine veniva preparata proprio con la polpa di vitello. C’è anche chi sostiene che derivi dal latino pulpa e abbia a che fare con il gesto di “toccare” (palpare).
Se diamo uno sguardo filosofico al fare polpette, il dividere l'unità nel molteplice per ricomporlo in un'unità successiva potrebbe essere definito da Hegel un passaggio dalla tesi all'antitesi attraverso la sintesi. Gli elementi del molteplice si fondono gli uni con gli altri in prospettiva monista, trasmettendosi reciprocamente sapori e odori, in una corposa sintesi.
Non dobbiamo dimenticare che la polpetta, al di là delle parole con le quali veniva chiamata, affonda le sue radici nell’inventiva e nel gusto popolare. Sono un grande esempio di piatto di recupero degli ingredienti con radici ben salde nella cucina povera. Anzi, è direttamente figlia della cucina povera, quando si combatteva ogni giorno tra la fame e il desiderio del gusto. 
La necessità fa virtù? E allora gli avanzi diventano eccellenza.
 

 
 

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